Ricordi del Carnevale di Vimercate

Anche se quest’anno non è stato possibile festeggiare il Carnevale tutti insieme per le vie della città, Pro Loco Vimercate e CARTOLINE DI VIMERCATE hanno voluto ricordare il Carnevale cittadino. Insieme abbiamo raccolto sui nostri canali Facebook le foto scattate dai cittadini durante le sfilate passate. 

Il carnevale in città nei ricordi fotografici che abbiamo raccolto è diventato un suggestivo video. 

Grazie a tutti per averci aiutato a ricordare i bei momenti passati insieme…in maschera. 

 

 

 

 

CARNEVALE 2021: le maschere della tradizione lombarda

L’Italia è ricca di maschere di Carnevale regionali, nate dalla commedia dell’arte, dalle tradizioni medioevali, dal teatro dei burattini, oppure come simbolo della città; anche la Lombardia ha le sue.

In questo articolo ne descriveremo brevemente alcune per ricordare insieme le tradizioni che legano il nostro territorio alla festa di Carnevale. 

 

 

MENEGHINO

È il servo milanese che ha preso vita nelle commedie scritte  da Carlo Maria Maggi nel 1600. Meneghino ha un carattere estroverso, allegro, di buon cuore, ma anche un forte senso morale che lo porta a essere un censore nei confronti dei vizi del clero e della nobiltà del suo periodo. 

Curiosita: Meneghino deriva  da “Domenighino”, ovvero il servo della domenica

RE RESEGONE e REGINA GRIGNA

Dd 136 anni, il Carnevale è il momento per scegliere due cittadini di Lecco tra coloro che si sono distinti in opere socialmente utili, per rappresentare il Re Resegone e la Regina Grigna. Come tali vengono incoronati e devo assolvere a una serie di compiti regali e devono custodire le chiavi della città, consegnate loro simbolicamente. 

Curiosita: il Re Resegone, Regina Grigna e il Gran Ciambellano passeggiano nei rioni della città e fanno visita alle associazioni del paese 

 

ARLECCHINO

Maschera bergamasca di nascita e veneta di adozione, prende vita a metà del 500, frutto della fantasia dell’attore Alberto Naselli (detto Zan Ganassa) che riunì in Arlecchino le caratteristiche del diavolo buffone delle leggende francesi e lo stereotipo del servo italiano un po’ sciocco e molto vivace. Arlecchino, la maschera più antica in Italia, trova la sua massima espressione sul palcoscenico in svariate opere teatrali, la più nota quella di Carlo Goldoni, che ancora oggi viene presentate sui palcoscenici di Milano e Venezia.

Curiosità: il suo abito in origine era bianco, ma Arlecchino vi ha dovuto cucire numerose toppe in svariati tessuti, è così diventato multicolore. 

RE GNOCCO

La maschera di Re Gnocco trova le proprie origini nelle tradizioni di Castel Goffredo (MN).  Fin dal 1872, viene eletto dal popolo, tra i cittadini rigorosamente nativi del luogo. Di solito è una persona di stazza grossa, ridanciano, gran mangiatore e bevitore, ma attento e molto dedito alla felicità dei propri sudditi.

Curiosita: Re Gnocco è un po’ diverso dalle solite maschere, la sua incoronazione avviene durante il carnevale, ma solo ogni 4 anni, nel venerdì del gnoccolaro.

BRIGHELLA

Originariamente era la rappresentazione del “furbo della situazione”: un servo  malizioso, bugiardo, attaccabrighe, insolente e anche ladro. Nasce a Bergamo all’inizio del 1600, come personaggio della Commedia dell’Arte, ma trova letteralmente nuova vita con a metà del 700, 

nell’opera di Carlo Goldoni  “Il servitore di due padroni”, dove Brighella diventa più fedele e saggio. 

Curiosità: nella prima versione, il costume di Brighella comprendeva il «batocio», ovvero lo strumento utilizzato per rimestare la polenta, ma con il tempo si trasformò in uno spadino.

GAGÈT COL SÒ UCHÈT

Il Gagèt col sò uchèt trova le sue origini nel 1955 in un concorso indetto a Crema per trovare la maschera che rappresentasse le tradizioni e la storia della città. Rappresenta  il contadinotto che vestito a festa andava in città, alla fiera, per vendere i propri prodotti dei propri campi, tra i quali anche l’oca. Il nome Gagét deriva dal termine gagio, utilizzato proprio per descrivere questi contadini. Da allora il Gagèt col sò uchèt è diventato il simbolo del Carnevale di Crema.

Curiosità: ogni anno viene eseguita la “Marcia del Gagèt”, l’ufficiale inno del Carnevale, che apre la sfilata.  

CÈCCA

È la moglie di Meneghino.  Detta anche “Cècca di birlinghitt” per via dei fronzoli, nastri e delle guarnizioni applicati ai suoi vestiti e che occasionalmente vende, è una donna allegra e sorridente. Risolvere i problemi domestici con abilità, fantasia e buona volontà, nonché una significativa dose di sacrificio.

Curiosità: è tra le poche maschere italiane nate dalla commedia dell’arte ad avere il viso scoperto, per simboleggiare la schiettezza e onestà.

TARLISU e BUMBASSINA

Le giovanissime maschere del Tarlisu (1985) e di sua moglie Bumbasina (2006) sono il frutto della tradizione tessile di Busto Arsizio (VA). Tarlisu prende il nome da un tessuto inventato dai bustocchi all’inizio dell’800, utilizzato come fodera dei materassi, mentre la Bumbassina è la tela grezza usata per le lenzuola. Al Tarlisu, simbolo del Carnevale della città, è stata dedicata anche una canzone, rigorosamente in dialetto (vedi video youtube).

 

Curiosità: nel 2018, per il 35esimo anniversario del Tarlisu, Poste Italiane ha creato uno speciale annullo filatelico dedicato al Carnevale Bustese.

BELTRAME

È la più vecchia maschera milanese. La tradizione vuole sia nata nell’iconografia popolare nel ‘500. Conosciuto come Beltrame de Gaggian (da Gaggiano), è un contadino ingenuo, che vuole mostrarsi più signore di quanto non sia; spesso aiutato dalla moglie Beltramina per uscire da situazioni imbarazzanti.

Curiosità: è soprannominato “Baltramm de la Gippa”, per via dell’ampia casacca che indossa.

GIOPPINO

Il Gioppino compare per la prima volta tra la fine dell’700 e i primi dell’800 nelle province di Bergamo e Brescia. È un contadino, rubicondo, buffo e simpatico, che si riconosce per i tre grossi gozzi sotto il mento. Li chiama simpaticamente coralli o granate e li esibisce con molto orgoglio.

Curiosità: il gonfiore di Gioppino è tipico degli abitanti di Zanca, forse provocato dalla qualità dell’acqua bevuta in quella zona.

È tempo di filastrocche di Carnevale

Per celebrare questa festa abbiamo voluto riportare due filastrocche che fanno parte della nostra cultura e della nostra storia. Sono testi che hanno accompagnato bambini e adulti per diverse generazioni.

CARNEVALE IN FILASTROCCA

di Gianni Rodari

Carnevale in filastrocca,
con la maschera sulla bocca,
con la maschera sugli occhi,
con le toppe sui ginocchi:
sono le toppe d’Arlecchino,
vestito di carta, poverino.

Pulcinella è grosso e bianco,
e Pierrot fa il saltimbanco.

Pantalon dei Bisognosi “Colombina,” dice, “mi sposi?”
Gianduja lecca un cioccolatino
e non ne da niente a Meneghino,
mentre Gioppino col suo randello mena botte a Stenterello.

Per fortuna il dottor Balanzone gli fa una bella medicazione,
poi lo consola:
“È Carnevale, e ogni scherzo per oggi vale.”

LA STAGION DEL CARNEVALE

di Carlo Goldoni 

La stagion del Carnevale
tutto il Mondo fa cambiar.
Chi sta bene e chi sta male
Carnevale fa rallegrar.

Chi ha denari se li spende;
chi non ne ha ne vuol trovar;
e s’impegna, e poi si vende,
per andarsi a sollazzar.

Qua la moglie e là il marito,
ognuno va dove gli par;
ognun corre a qualche invito,
chi a giocare e chi a ballar.

Par che ognuno di Carnevale
a suo modo possa far,
par che ora non sia male
anche pazzo diventar.

Viva dunque il Carnevale
che diletti ci suol dar.
Carneval che tutto vale,
che fa i cuori giubilar.